sabato 1 aprile 2017

NOAM CHOMSKY: IL BUGIARDO COMPULSIVO CHE SE LA FA CON I NEONAZISTI


(Difficoltà: 1,7/5)

Noam Chomsky, americano, è un linguista e ideologo della sinistra radicale. È colui che ha sdoganato l'anti-sionismo come argomento negli ambienti dell'intellettualismo americano, soprattutto accademico, ed è fra i principali riferimenti dell'anti-sionismo negli ambienti della Sinistra, che è a lungo sfuggita all'accusa di antisemitismo proprio grazia alla copertura dell'attivo appoggio di Chomsky, egli stesso di ascendenza ebraica:

Egli è stato […]  uno dei primi e probabilmente più importanti scudi contro l’accusa di antisemitismo per la sinistra anti-Israele. Siccome era al tempo uno dei più prominenti intellettuali Ebrei in America (principalmente per il suo lavoro linguistico), egli dette alla sinistra anti-Israele molta copertura, e le permise, per molto tempo, di sfuggire alla responsabilità per gli aspetti antisemiti della usa ideologia. (1)

Il tutto fino alla Seconda “Intifada”, una serie di attacchi terroristici che servì a mostrare al mondo la vera faccia dell’“antisionismo” di tanta sinistra, che gioì naturalmente per le circa 1000 morti israeliane, vedendole come parte di una “lotta per la popolazione di un popolo oppresso” piuttosto che il solito pogrom quali tanti vi erano stati in Terra Santa molto prima che nascesse Israele e si parlasse di “occupazione” israeliana. (2)
Chomsky ha anche contribuito a fare dell'anti-sionismo un contrassegno indispensabile dell'“essere di sinistra” per gli Ebrei americani di sinistra, ponendoli di fronte alla scelta fra sionismo e “progressivismo”, e contribuendo ad attuare una vera purga all'interno della Sinistra alla luce di questo criterio:

Molte cose che egli scrisse subito dopo la Guerra dei Sei Giorni furono denunce rivolte a compagni Ebrei di sinistra di non essere “vere” persone di sinistra, in ragione del loro sionismo. Quindi egli giocò una parte essenziale come collaborazionista in quella che fu praticamente una purga, e nell’assicurarsi che i progressisti Ebrei sapessero che il prezzo della loro continuata partecipazione nel movimento era [la rinuncia al] loro supporto a Israele. (3)

Si deve poi a Chomsky la popolarizzazione di uno stile di attacco – notamente, contro la società occidentale nella sua interezza; contro l'“imperialismo americano”, che rappresenta per Chomsky un'autentica ossessione; e contro Israele – fatto di una soffocante e intransigente partigianeria che non disdegna la pregiudiziale selezione delle informazioni e la loro arbitraria manipolazione o fabbricazione. Di casa è anche l'unidirezionalità delle analisi, che concede tutto alla propria fazione e nulla al nemico: un manicheismo pre-razionale che fa della menzogna e della diffamazione essenziali strumenti di lotta.
Il fatto che l’ambito di competenza di Chomsky sia la linguista e la sua formazione sia lontana anni luce dai requisiti necessari a parlare degli argomenti politici di cui tratta, getta una inequivocabile luce sullo scopo meramente propagandistico delle sue affermazioni, soprattutto in considerazione della sicumera che esibisce in questioni per le quali anche gli esperti di politica estera o militare sono forzati su posizioni di cauto possibilismo, sicuro che bastino idiomi quali “è da tempo accettata l'idea che...” o “non è un mistero/segreto che...” (4), per rassicurare gli uditori o i lettori sulla verità di quanto si va dicendo. Un sottinteso della sua infaticabile attività di propagandista sembra essere l'idea che egli, forse in quanto accademico rinomato e intellettuale di successo, possa godere di “agganci” all'interno dei servizi segreti o di qualche agenzia governativa, e che questo gli metta a disposizione informazioni non accessibili dal largo pubblico. Cosa, quest’ultima, impossibile da credere, data la sua fama di estremista, di anti-americano e di polemista che si ciba del consenso di un pubblico di giovani adolescenti e post-adolescenti affetti dalla fregola di un ribellismo autoreferenziale e patologicamente incapaci di distinguere tra bene e male.

Chomsky Guru della Sinistra

Negli ambienti della Sinistra, Chomsky è assurto allo status di un guru, cioè di una fonte esclusiva e imprescindibile di informazioni e retroscena su topic quali la politica estera americana e il conflitto medio-orientale. Come per buona parte dei professori liberal e di sinistra [che negli ultimi anni hanno trasformato le università americane e non solo in gulag di intolleranza per ogni forma di pensiero non allineato (5)], Chomsky non è interessato a fornire ai suoi studenti e al suo pubblico gli strumenti per fornirsi un'opinione autonoma sui temi in oggetto, bensì piuttosto a impartirgli contenuti riferibili a una precisa visione del mondo. La sua è non è formazione, ma indottrinamento. Tre possono considerarsi, a una semplice analisi, i motivi della sua popolarità:
a) una sostanziale ignoranza della Storia da parte del suo pubblico. Le analisi di Chomsky rappresentano una semplificazione degli eventi secondo la più tipica caratterizzazione vittima-carnefice ridotta a un manicheismo parossistico; esse forniscono all'ascoltatore/lettore un pacchetto prêt-à-porter di informazioni essenziali organizzate secondo un preciso schema ideologico, e preservano così l'ascoltatore/lettore dal travaglio di studiare e organizzare interpretativamente gli eventi storici in modo autonomo;
b) la ricerca da parte dei suoi seguaci di rassicurazioni, cioè di formule e stereotipi che possano confermare la propria visione del mondo e i propri pregiudizi;
c) Chomsky pesca da un panorama di fallimento etico della progressivismo in America e ovunque, un'assenza di coordinate etiche che non permette alla Sinistra di distinguere ciò che è bene da ciò che è male, Il relativismo culturale della Sinistra, per esempio, che non le consente di operare una distinzione valoriale tra una cultura – quella occidentale – che ha portato progresso e libertà e un'altra – quella islamica – che ha solo arrecato sottomissione e imbarbarimento, non è che un epifenomeno del suo relativismo morale.
Ecco una sintesi ultimativa della personalità di Chomsky e del suo ruolo intellettuale o pseudo-tale, offerta da Benjamin Kerstein:

Sono cresciuto in una comunità di sinistra nella quale Chomsky era molto popolare, e subito dopo i fatti dell'11/9 sapevo che tutta la gente che conoscevo sarebbe andata direttamente da lui per scoprire come avrebbero dovuto pensarla su quei fatti, e che se ne sarebbe tornata indietro con qualcosa di molto infido. Purtroppo avevo ragione. Fu uno spettacolo disgraziato da parte di gente molto disgraziata. Chomsky era diventato piuttosto marginale negli anni precedenti, ma dopo l’11 settembre la sinistra lo dissotterrò e lo pose di nuovo sul piedistallo.
[…] Ci sono un paio di punti da fissare. Il primo è che Chomsky è un bugiardo senza alcun tipo di vergogna. Un maestro nell'argomentare in cattiva fede. Direbbe qualsiasi cosa per indurre la gente a credergli. Ancora peggio, direbbe qualsiasi cosa per zittire la gente che la pensa diversamente da lui. […] Se non hai mai visto come si comporta con normali studenti che obiettano a quello che dice, è abbastanza orripilante. Semplicemente, li maltratta in una maniera che posso solo descrivere come sadica. Voglio dire che ci prova veramente gusto. […]
In secondo luogo, Chomsky è immensamente importante per la sinistra radicale. Se parliamo di politica estera americana, lui non è solo influente, è praticamente tutto ciò che hanno. Quasi ogni ragionamento sugli affari esteri che viene fatto può essere ricondotto a lui. […]
In terzo luogo, lui è essenzialmente l'ultimo totalitario. Nonostante lo neghi, è più o meno l'ultimo sopravvissuto di un gruppo di intellettuali che riteneva essenzialmente delle buone cose la violenza politica e il controllo totalitario. Farfuglia tutto il tempo di diritti umani, ma quando guardi ai regimi e ai gruppi che ha sostenuto, è veramente una lista che gronda sangue.
Quarto – e questo forse è il punto più importante – lui rende le persone stupide. In questo senso, è più il leader di un culto o un guru New Age che un intellettuale. Permette alla gente di essere a loro agio con i loro pregiudizi e i loro odii, ed erode la loro capacità di pensare in maniera critica. In una certa misura, questo ha a che fare con il suo uso del ricatto emotivo e morale. Siccome lui dipinge chiunque non sia d'accordo con lui come malvagio, se tu sei d'accordo con lui allora devi essere dalla parte del buono e giusto. […]
Io penso che la gente vada da Chomsky ed essenzialmente lo veneri precisamente per questo motivo. Permette a loro di sentirsi giustificati nel loro rifiuto di pensare. Non devono mai porsi alcuna domanda difficile od offrire alcuna risposta difficile. È fondamentalmente una forma di vigliaccheria intellettuale […] (6)

Il suo Pensiero: un Aggregato di Menzogne Ideologiche al Servizio di un Totalitarismo Pseudo-Intellettuale

Il pensiero – o pseudo-pensiero - di Chomsky si alimenta di un complottismo stralunato che approda alle proposizioni più assurde e antistoriche. È il caso di quella volta in cui profilò l'ipotesi – che in Chomsky sono sempre e comunque certezze – di un'alleanza tra gli Stati Uniti e la Germania nazista. Conseguentemente, in uno dei suoi primi libri, Chomsky arrivò a dire che l'America abbisogna di un processo di “de-nazificazione”, un'affermazione che egli poi “ha negato di aver mai detto, ma che, ancora, sta proprio lì nero su bianco.” (7) Un'affermazione che si ritrova nella propaganda stalinista post-bellica, e che Chomsky ha probabilmente ripreso da lì. Ciò che conta osservare è che per Chomsky gli Stati Uniti – la forza che ha liberato l'Europa e il mondo dal nazismo - sono precisamente questo: una nazione assimilabile alla Germania nazista, e che andrebbe trattata in maniera corrispondente.
Un esempio dell'estremismo anti-americano di Chomsky ci è offerto da una fra le sue acrobazie forse più celebri, quella che lo vide negare fino all'ultimo l'evidenza dei massacri governativi nella Cambogia comunista di Pol Pot. Quando poi le prove emersero e anche Chomsky dovette ammetterne l'esistenza, si affrettò a dare la colpa dell'eccidio agli Stati Uniti.
Oltre alla proverbiale incapacità di ammettere i propri errori e di farsene carico, un'altra costante di Chomsky – che fa riferimento all'immarcescibile carattere polemico-propagandistico dei suoi interventi e come appare dall'equiparazione tra Stati Uniti e nazismo, sopra citata - è quella di affermare determinate cose di fronte al proprio pubblico nelle conferenze, per poi - al cospetto di osservatori più attrezzati dal punto di vista critico-cognitivo e culturale – negarle di averle mai proferite. È possibile leggere molte delle menzogne di Chomsky in un documento che ne offre una compilazione: “Le 200 maggiori menzogne di Noam Chomsky” (8). Nel 2002, per esempio, Chomsky dichiarò: “Io sono probabilmente stato per anni il più grande oppositore della campagna per il disinvestimento da Israele.” (9) In realtà, poco prima lo stesso anno, Chomsky aveva firmato una petizione rivolta alle università affinché disinvestissero da Israele. “Il disinvestimento sarà un processo lungo e lento” (10) aveva anche detto sempre nel 2002, una settimana prima di apparire come primo relatore a un dibattito universitario a sostegno della campagna di boicottaggio economico dello Stato ebraico (11).
Parlando di Israele, un'altra menzogna di Chomsky lo vide negare di aver mai scritto una prefazione a un libro dell'Olp, l'organizzazione terroristica di Arafat, come invece riportato per iscritto da una fonte: “Presumo che si deve essere trattato di un errore di stampa, e che la reale intenzione degli editori era di scrivere che io non ho mai scritto la prefazione di nessuna 'pubblicazione della Plo'. L'ultima affermazione avrebbe almeno il merito di essere vera...” (12) In realtà, nel 1976 Chomsky aveva scritto la prefazione a un libro il cui autore, Sabri Jiryis dell'Olp Research Center in Beirut, descriveva se stesso come “un vecchio terrorista spietato” e ammetteva di aver “supervisionato azioni clandestine [leggasi: attacchi terroristici] di Fatah” nel nord di Israele. (13)
Sarebbe impossibile elencare in questa sede tutte le menzogne di Chomsky a proposito di Israele. Ci limiteremo ad aggiungerne un’ulteriore, non necessariamente la più grave o indicativa del carattere fraudolento e maligno dell’opera di divulgazione di Chomsky. Una dichiarazione che Chomsky fece a proposito della Guerra di Libano del 1982 recita: “[Israele stava] tenendo la città [di Beirut] in ostaggio nel tentativo di forzare l’Olp a ritirarsi completamente, come fece, per salvare la città dalla distruzione totale.” (14) In realtà, lungi dal tentare di salvare la popolazione di Beirut, fu proprio Arafat a minacciare di far esplodere la città causando un’apocalisse di civili: “Se gli israeliani cercano di penetrare nella Beirut occidentale, l’Olp farà esplodere simultaneamente 300 depositi di munizioni e causerà un olocausto nella città.” (15)

Il Caso Faurisson: Quando Chomsky “Finì a Letto” con un Neonazista

Un'altra fandonia –ancora con il carattere, ricorrente in Chomsky, di negazione di menzogne dette in precedenza davanti a una platea composta esclusivamente di seguaci, e quindi protette dal confronto con la realtà dei fatti – ruota attorno alla questione della Shoah, uno dei principali bersagli per la delegittimazione di Israele e degli Ebrei tra le fila dell’estrema Destra e Sinistra. Il complottismo ossessivo di Chomsky lo porta a “filtrare” con i negazionisti, al punto da essere assimilabile a loro. Ne parla Alan Dershowitz in un suo libro su Israele (16) a proposito del caso Faurisson. Robert Faurisson era un “oscuro” professore di letteratura francese all'università di Lione, e autore di un libro in egli cui nega l'Olocausto e afferma che le camere a gas non sono mai esistite, ma sono state parte di un “complotto sionista” per giustificare la nascita dello Stato di Israele. Non solo: il libro afferma altresì che il Diario di Anna Frank è un falso, e che gli Ebrei sono responsabili dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Non meraviglia che l'opera di Faurisson fosse stata da subito accolta con favore negli ambienti antisemiti di destra e sinistra. A seguito della pubblicazione del libro di Faurisson, l'Università di Lione lo sospese per un semestre. Qui entra in scena Chomsky, al quale fu chiesto di unirsi alla protesta per la sospensione di Faurisson. Egli colse subito l'opportunità di associare il suo nome a quello di un autore di un libro a carattere anti-sionista, oltre che antisemita. Chomsky stesso era un fautore dell'idea che gli Ebrei avevano costruito le loro fortune post-belliche sullo sfruttamento della tragedia dell'Olocausto, e aveva più volte comparato Israele alla Germania nazista. Egli firmò quindi una petizione in cui non si limitava a ribadire la sacralità della libertà di pensiero, ma aggiungeva parole di ammirazione per Faurisson e qualificava le falsificazioni storiche di Faurisson come “scoperte” basate su una “estesa ricerca storica” (17) Una legittimazione in piena regola, a dispetto del fatto che questa “estesa ricerca storica” non fosse altro – osserva Dershowitz - che la “fraudolenta fabbricazione di una falsa antistoria” (18).
E l'appoggio di Chomsky al negazionista Faurisson non si fermò qui: continuò con una prefazione a un altro libro, immediatamente successivo all'“opera maestra”, nel quale Faurisson ribadiva l'inesistenza delle camere a gas e denunciava la “truffa” dell'Olocausto. Alcuni anni dopo, quando ormai Faurisson era diventato l'idolo di un pubblico di neo-nazisti e antisemiti di tutte le risme, Chomsky sarebbe ritornato sull'argomento con queste parole: “Non vedo alcuna implicazione antisemitica nella negazione dell'esistenza della camere a gas, o anche nella negazione dell'Olocausto. E nemmeno ci sarebbero in sé implicazioni antisemitiche nell'affermazione che l'Olocausto (che uno ci creda o no) è stato sfruttato, e in maniera brutale, dagli apologeti della repressione e della violenza israeliana. Non vedo alcun indizio di implicazioni antisemitiche nel lavoro di Faurisson.” [(19) (corsivo nostro)].
Ecco la conclusione di Dershowitz: 

Uno è lasciato lì a congetturare sui possibili motivi politici e psicologici che possono spingere Chomsky a difendere indefessamente un neo-nazista negazionista dell'Olocausto. La scusa del [rispetto per] le libertà civili o [per] la libertà di parola non vale in questo caso: libertari [ed estremi sostenitori dei diritti] civili che difendono la libertà di parola di neo-nazisti non vanno a letto con loro legittimando i loro lavori come basati su un'“estesa ricerca storica” e difendendoli da ben documentate accuse di antisemitismo. Inoltre, fornire una prefazione a un libro è unirsi all'autore e all'editore nello sforzo di vendere il libro. Non ha il solo scopo di lasciare aperta l'arena delle idee. Mira a influenzare l'arena in maniera sostanziale in favore delle idee dell'autore. (20)

Quando si parla di Chomsky – e di episodi che lo vedono protagonista, come quello appena citato - è difficile immaginare un più alto livello di relativismo morale e un più basso livello di degradazione etica e intellettuale. Nessun intellettuale (o persona comune) che abbia a cuore la propria reputazione dovrebbe associare il suo nome a quello di una persona come Chomsky, se non altro per evitare di essere accomunati, per proprietà transitiva, alla feccia a cui egli ama ideologicamente accompagnarsi.

Conclusione

La lista delle sparate chomskiane – quasi mai menzogne “innocenti”, cioè riferibili a semplice ignoranza, ma balle intenzionali che servono lo scopo di indottrinare le platee nel segno di una determinata visione politica e, contestualmente, di infangare e demonizzare l'avversario - potrebbe andare avanti all'infinito.
Nemmeno l'anti-sionismo chomskiano, che sembra non occupare uno ruolo primigenio ma essere una naturale derivazione dell'anti-americanismo dell'autore, si differenzia significativamente da quello del normale anti-sionismo esibito dalla Sinistra o dalla Destra estrema. Esporre le menzogne di Chomsky su Israele non sarebbe nulla di diverso dall'esporre le menzogne dell'anti-sionismo mainstream, che Chomsky ha contribuito a sdoganare negli ambienti accademici.
Basti solo osservare che la fama di bugiardo compulsivo e di persona sprovvista di alcuna onestà intellettuale accompagna Chomsky dovunque si parli di lui negli ambienti estranei alla sua rapita e sedotta cerchia di indottrinati. Ecco alcuni esempi di ciò che se ne dice (21):

                     “Inizia come un predicatore al cospetto del mondo e finisce come un truffatore intellettuale” (A. Schlesinger, Commentary, dicembre 1969).
                     “Nel suo fanatismo ideologico cambia continuamente i suoi discorsi e distorce le fonti, le citazioni e i fatti, nel mentre che dichiara il suo ‘impegno nel trovare la verità'.” (Leopold Labedz, Encounter, luglio 1980).
                     “Anche nelle rare occasioni nelle quali Mr. Chomsky si occupa di fatti e non di fantasie, li esagera per un fattore di, più o meno, quattro o cinque.” (Walter Laqueur, The New Republic, marzo 1982).
                     “Dopo molti anni, pervenni alla conclusione che tutto quello che [Chomsky] dice è falso. Mente per il solo piacere di farlo. Ognuna delle sue argomentazioni era tinta e adulterata con falsità e pretestuosità. Era come giocare a scacchi con pezzi aggiuntivi. Era tutto falso. (Paul Postal, The New Yorker, marzo 2003)

Riferimenti

(1) “Noam Chomsky: The Last Totalitarian”, intervista a Benjamin Kerstein, 20/07/2012. B. Kerstein è, scrittore, romanziere e editorialista israelo-americano, nonché autore di un libro su Chomsky che è il frutto di tre anni di studio. Può essere considerato uno dei maggiori e più genuini conoscitori dell’intellettuale americano, e come tale anche uno dei più ferventi critici.
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(4) “Chomsky: A Principled Dissenter”, di Tom Nichols, 25/07/2003
(5) Cfr. “Universities ‘dominated by Left-wing hate mobs’: Professor says free speech is being stifled bbecause anyone challenging views is ‘shouted down’”, di Eleanor Harding, 03/12/2015.
(6) “Noam Chomsky: The Last Totalitarian”, cit.
(7) Ibidem.
(8) “The Top 200 Chomsky Lies”, compilate da Paul Bogdanor, 2013. Abbiamo scelto di aggiungere nelle successive note, a corredo dei fatti citati nel presente testo, i riferimenti bibliografici di volta in volta forniti dall’autore.
(9) Ivi, pag.90. Da The Harvard Crimson, 12/12/2002.
(10) Ivi, pag. 91. Da The Tech, MIT, 01/05/2002.
(11) Ibidem. Da The Harvard Crimson, 08/05/2002; anche, The Daily Pennsylvanian, 04/10/2002.
(12) Ivi, pag. 90. Da Lettera, “Nouvelles littéraires”, Francia, dicembre 2-8, 1982. Ristampate in Noam Chomsky, “Réponses inédited à mes détracteurs parisiens” (Paris: Cahiers Spartacus, 1984).
(13) Ibidem. Si vedano Prefazione di Sabri Jiryis, ‘The Arabs in Israel (Monthly Review Press, 1976) e David K. Shipler, “Arab and Jew” (rev.ed., Penguin, 2002), pag. 56.
(14) Ivi, pag.48. Da Fateful Triangle (rev.ed., Pluto Press, 1999), pag. 309.
(15) Ibidem. Vedi Ze’ev Schiff and Ehud Ya’ari, Israel’s Lebanon War”, (Simon and Schuster, 1984), pag. 220.
(16) Alan Dershowitz, “The Case for Israel”, John Wiley & Sons, Hoboken NJ 2003, pp. 212-14. Si parla in queste pagine dell'affaire Faurisson e della generosa sponda fornita da Chomsky all'autore franco-britannico, neo-nazista e negazionista della Shoah.
Dershowitz è avvocato di fama, nonché professore ad Harvard, editorialista e scrittore.
(17) Ivi; pag 213.
(18) Ibidem.
(19) Ibidem.
(20) Ivi, pag. 214.
(21) “The Top 200 Chomsky Lies”, cit., Introduzione.
Molte altre preziose risorse che delineano la natura di ideologo propagandista di Chomsky, e la sua indole di intellettuale fraudolento, si possono trovare qui:

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