sabato 14 gennaio 2017

DALL' HOMO SAPIENS ALL' HOMO MECHANICUS ALL' HOMO DIGITALIS: L'AFFERMAZIONE ANTROPOLOGICA DEL "CYBORG"

(Difficoltà: 4,3/5)
 Se si prova a dare uno smartphone con lo schermo tattile a un vecchio, si vedrà che l'istinto di questo sarà quello di premere le icone sullo schermo come se fossero dei pulsanti fisici, meccanici: con forza, e non semplicemente sfiorando. E' un fatto curioso che fa riflettere sul ruolo sempre più importante che il progresso tecnologico riveste nel modo di pensare l'evoluzione umana. Il nonnetto è ancora legato a un'epoca in cui la tecnologia era meccanica, e non “digitale”: occorreva azionare meccanismi, e non sfiorare con un dito.
Il concetto di “digitale” è da me qui usato in maniera impropria, suggestivamente e non guardando alla realtà storica del termine. La tecnologia digitale precorre infatti la rivoluzione degli schermi “touch” che si è legata alla diffusione degli smartphone e dei tablet, e si riferisce all'era dei computer. Gioco insomma sull'ambiguità insita nel termine: da un lato infatti “digitale” deriva dal latino “digitus” (dito), dall'altro esso è transitato attraverso l'inglese al significato di “elaborazione numerica” (i “digits” sono in inglese le “cifre” numeriche, che traducono il modus operandi del computer).
Tecnologia “meccanica” quindi (dai grandi macchinari industriali alle “macchinose” tastiere del computer, che richiedono ovviamente pressione, sforzo, peso) e tecnologia “digitale” (la quale evoca il mondo dei computer, dai “bit” del linguaggio macchina alla “leggerezza” della new economy, che volteggia alla velocità della luce dai server centrali ai nostri computer casalinghi attraverso la fibra ottica). E' forse persino possibile individuare un preciso anello di congiunzione dalla tecnologia “meccanica” a quella “digitale” (nell'accezione suggerita): prima dell'affermazione sul mercato degli schermi capacitivi (quelli per i quali è sufficiente lo sfioramento dello schermo per azionare l'app o far scorrere una pagina web), infatti, esistevano anche quelli resistivi (che richiedevano una certa pressione sullo schermo), i quali furono i primi a diffondersi tra il pubblico.
Insomma, il padre o il nonno alle prime armi con lo smartphone che “pigia” con forza sullo schermo è qualcosa di più di una scenetta divertente: rappresenta un passaggio generazionale scandito dalla tecnologia. E noi siamo sempre meno “homo sapiens” e sempre più “homo technologicus” anche per questo: per il fatto che i nostri cambiamenti, la nostra evoluzione si fanno declinare ormai soprattutto sul piano della tecnologia, più che su quello del modo di pensare o di agire. Generazione “meccanica” e generazione “digitale”: generazioni di apparecchi e generazioni umane si sovrappongono e confondono, quasi la tecnologia fosse parte di noi al punto da determinare il nostro destino antropologico, come nel mito del “cyborg”. In termini concreti, ciò si potrebbe spiegare con un passaggio (ebbene sì: in realtà una involuzione) dalla valorizzazione del contenuto sapienziale ("homo sapiens") a quello del modo di accedere ai contenuti ("homo technologicus")*; dalla sostanza alla forma, dal messaggio al medium ("Il medium è il messaggio", nella famosa massima di McLuhan). 
C'è chi chiama tutto ciò “alienazione”, chi “fatalità”. Il brutto è che hanno ragione entrambi. 

* E in effetti, basta guardare al proliferare di forum di discussione e siti che si soffermano semplicemnete sul mezzo in quanto mezzo: per fornire assistenza tecnica, per discutere sui nuovi modelli, per ottimizzare l'uso dell'apparecchio, insomma un continuo soffermarsi sul messo in quanto tale, sugli strumenti e sulle modalità per accedere ai contenuti, più che ai contenuti stessi. Contenuto e mezzo si identificano: il mezzo diventa contenuto della discussione.

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