domenica 21 giugno 2015

UMBERTO ECO E I SOCIAL: DICO LA MIA

(Difficoltà: 3,4/5)

U.Eco "giudice" dei social
I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli, che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».

Ecco, in un estratto, la scintilla della polemica scatenata da Umberto Eco. Non ho nulla di particolare contro Eco. Come molti, ho letto “Il nome della Rosa” (ottimo romanzo) e ho comprato quasi tutti i suoi romanzi successivi, senza nemmeno aver provato mai a leggerli. Eco è il tipico intellettuale che, di sapere sconfinato, confonde la cultura con l'erudizione. Ha ben presente (ovviamente!) la distinzione tra i 2 concetti, ma non sa applicarla: è più forte di lui.
Tralasciando il fattore polemico della dichiarazione, che mi trascinerebbe sul versante del tifo “da bar” (appunto), mi concentrerò sul valore logico-argomentativo di quello che Eco scrive, frase per frase, e senza perdervi troppo tempo. (Una premessa: Eco aggiunge naturalmente altre cose nel suo discorso, ma mi pare che la sostanza rimanga uguale.) 

  • I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli...
    Il fatto è che anche gli imbecilli in una democrazia possono dire la loro. E sai perchè, Eco? Perchè nessuno ha il monopolio dell'intelligenza. Può affermare il contrario solo chi l'intelligenza non l'ha avuta nemmeno in prestito.
  • ...che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino...
    Caro Eco, nei “caffè” si è fatto l'Illuminismo, quindi smettiamola si sparlare dei bar. Certo oggi i luoghi d'incontro chic dove si beve si sono volgarizzati, come qualsiasi altra cosa, inclusa l'istituzione universitaria di cui Eco è insigne rappresentante.
  • "...senza danneggiare la collettività.” 
    Ah ecco qual è il problema del degrado italiano: il bar. E io che perdevo tempo a fomentare l'antipolitica!
  • Venivano subito messi a tacere,...
    Anche nei “social media” l'autore di idiozie viene subito messo a tacere, anzi umiliato. Non si chiamano “social” per niente: il pensiero di tutti forma un'intelligenza collettiva, per cui se è vero che a volte prevale l'idea sbagliata, ognuno può trovare molteplici spunti per confrontare punti di vista opposti. E' in tv, nei giornali e alla radio che un Renzi o un Berlusconi possono andare a dire le stronzate che desiderano, in solitaria o con sagome cartonate di giornalisti, senza che nessuno gliene faccia render conto. La tv presenta una comunicazione unidirezionale dove l'elemento "social", la partecipazione sociale, non esiste se non in forma di slogan propagandistico (“una tv vicina alla gente”). Ma Eco, chissà perchè, non ha mai attaccato i media tradizionali con la stessa veemenza. Tipico caso di distacco dell'intellettuale dalla società? O tipico caso di attaccamento dell'intellettuale agli interessi di bottega? Eco sarebbe Eco senza la grancassa di tv, giornali e riviste?
  • ...mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.
    Tipica concezione elitaria della cultura. Siccome il tweet o il post di FB sono per loro natura la cosa più fugace ed effimera (anche in ciò molto vicini all'oralità), dobbiamo presumere che con il paragone con l'intervento del Nobel Eco voglia dire in fondo che solo un'elite culturale avrebbe diritto di parola, e al popolino non dovrebbero andare nemmeno le frattaglie. “Non disturbate il manovratore”, insomma, nella cultura come nella politica.
  • E' l'invasione degli imbecilli.
    Gli imbecilli c'erano e ci sono anche sulla carta stampata, sui giornali e nei libri. La differenza è che in essi l'imbecillità è meno riconoscibile perchè nascosta dietro la patina del falso prestigio di chi scrive (per cui uno dice: "Sembra una cazzata, ma se l'ha scritto questo professorone vuol dire che è vera"). Meno riconoscibile e quindi più pericolosa.
    Per quel che mi riguarda, preferisco accorgermi di aver letto un'imbecillata dopo un tweet di 140 caratteri piuttosto che dopo un editoriale lungo due colonne o dopo un libro di 600 pagine. Mi sento quindi di ringraziare Eco per la lapidarietà (molto “twitter”) della sua dichiarazione.

Nessun commento:

Posta un commento