domenica 31 agosto 2014

"COMODITA'" E "RAPPORTO COSTI-BENEFICI" NELL'EPOCA DEL CONSUMISMO DIFFUSO

(Difficoltà: 4,1/5)

"Lavora, acquista, consuma, crepa."
Vorrei iniziare una rassegna degli oggetti di consumo che meglio sono in grado di illustrare gli eccessi di quella che – pur consci della stanchezza che accompagna questa definizione dopo un secolo di sproloqui sociologistici – ci ostiniamo a definire “società del consumo” o “consumismo”.
Parlare di “eccesso” in relazione al consumismo può apparire pleonastico, ed effettivamente lo è, in quanto il concetto di consumismo postula di per sé e da solo la nozione di eccesso legato all'acquisto e al consumo di merci.
Il termine “consumo” (lat. consumĕre, “prendere fino alla fine”) implica idealmente l'utilizzo che tolga di mezzo l'oggetto, e per questo si applica in forma ideale all'assunzione di cibo e bevande, per cui il “consumo”, l'annichilimento dell'oggetto “utilizzato”, è nel pieno ordine naturale delle cose. Ma questo “nulla”, quest'opera di annullamento può certo – come nel caso degli alimenti - riguardare l'oggetto alla fine del suo percorso di utilizzo; ma può anche riferirsi all'inizio di detto percorso. Il brand, fra le altre cose – e la pubblicità che ne accompagna le sorti - rappresenta in ciò quel plus di nullità (quindi a conti fatti un minus) che si applica all'inizio del ciclo di consumo. Con la nutrizione, l'oggetto viene consumato e diventa nulla; con il consumismo, il nulla si fa oggetto e viene consumato.
Non ci si pensa molto, ma la verità è che buona parte delle manifestazioni del consumismo ha a che fare con un'equivocazione del concetto di “comodità”: si pensa che una cosa ci possa semplificare la vita mentre in realtà ce la complica. Sotteso a ogni comportamento propriamente consumistico è poi anche un errore di interpretazione attorno al bilancio fra costi e benefici: di norma il gioco non vale la candela, e l'utilità dell'oggetto (ove vi sia) non bilancia gli svantaggi nei termini del suo costo materiale (la regola del profitto impone al consumatore sempre un sovrapprezzo anche minimo), del suo costo temporale (il tempo che ci si perde), del suo costo ambientale (gli effetti ambientali della sua produzione e del suo utilizzo), del suo costo relazionale (l'interferenza che l'uso dell'oggetto esercita con le relazioni interpersonali: disturbo della quiete pubblica, tempo sottratto al rapporto con i cari, ecc.) e così via.


Se Questa è "Comodità"...: Due Esempi Tratti dal Quotidiano

Per dare carne al fuoco del nostro discorso, bastino due esempi – molto sintetici - dati dall'osservazione del quotidiano:
  1. a tutti sarà capitato di percepire ogni tanto un rumore di motore molto molesto e invasivo, di essersi affacciati alla finestra e aver scorto un giardiniere intento a “soffiare” via le foglie dalla pavimentazione di un giardino. Il “soffiatore di fogliame” è una chiara esemplificazione del concetto di comodità descritto sopra. Scomparsi sono il vecchio rastrello e la vecchia scopa, che costavano troppa fatica, a favore di un archibugio che consuma benzina e che non svolge alcuna apprezzabile funzione se non quella di illustrare il parossismo di una società che ha perduto il valore del sacrificio e il senso del decoro comunitario.
  2. In stazione o per le strade adiacenti o del centro, è arduo non imbattersi in qualche viaggiatore, di norma ben vestito, che non trascini dietro di sè un “trolley” grande a sufficienza per contenere tutt'al più un ricambio di vestito. Queste borsette da traino hanno un loro costo economico e producono un rumore non esattamente carezzevole all'orecchio quando rimorchiate, specialmente su un selciato o un asfalto sconnesso. Una semplice borsa a tracolla avrebbe tra l'altro il vantaggio di far apparire il trasportatore qualcosa di meno simile a un'affaticata zitella.

Questi non sono che due dei molti esempi adducibili. Basta guardarsi intorno per trovarne molti altri. Ed è ciò che intendo fare: la critica del quotidiano riserva spesso dei lati di divertissement non trascurabili.

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