venerdì 5 luglio 2013

LA "TAVOLA ROTONDA" DI ARTU' COME SIMBOLO DELLA LOTTA ALLA DISGREGAZIONE SOCIALE

(Difficoltà: 3,4/5)
Tavola Rotonda
E' capitato a tutti di uscire a cena con amici o persone e trovarsi forzati a parlare per tutta la serata con quelle meno interessanti, fino al punto da non poterne più e non vedere l'ora che finisca. Come può succedere questo? Semplice: si entra in coda al gruppo nel ristorante, e chi ci precede nella compagnia s'accaparra i posti migliori.
Partendo da una questione affatto elementare, è possibile ricavare degli elementi di natura storica, che possono dirigerci a un'approfondimento di alcune questioni assieme psico-sociali ed economiche.


Excursus Storico: La Leggenda di Re Artù e della Tavola Rotonda

Alcuni storici ritengono che, dietro l'architettura leggendaria che da sempre ne contraddistingue la narrazione, Re Artù sarebbe realmente esistito: si tratterebbe di Riotamo, Re dei Brettoni, nel V sec. impegnato a fianco dei Romani contro gli invasori barbari. Anche dell'esistenza della famosa fortezza di Camelot ci sarebbero indizi importanti. Per quanto si riferisce invece all'altrettanto famosa “Tavola Rotonda”, è probabile che si tratti di una leggenda integrale, rispondente però a un simbolismo preciso: in contrasto con il massiccio processo di gerarchizzazione politico-militare dei tempi successivi, si ritiene che nel primo Alto Medioevo (fine Impero Romano – anno 1000 circa) i nuclei politico-militari raccolti attorno a un capo o "re guerriero" fossero organizzati più in forma di confraternite, pervase da un certo egualitarismo e sostanzialmente libere da pressioni gerarchizzanti.
In particolare nelle occasioni conviviali, si era soliti riunirsi attorno a un focolare, quindi con quella disposizione circolare che non prevedeva un “capo-tavola”, come sarebbe invece stato in tempi successivi. Quest'usanza fu consacrata all'immaginario collettivo con la rappresentazione plastica di una “tavola rotonda” che però non rimanderebbe quindi a una realtà precisa bensì a un principio.


Esempio di Quotidianità: Il Sedersi al Tavolo del Ristorante

Perchè ho affrontato questo excursus storico? Ai giorni nostri, si è un po' perso il principio richiamato dalla “tavola rotonda”, e anche nelle occasioni di relax quali quelle conviviali, si tende a costituire posizioni di privilegio e a intraprendere tenzoni per l'acaparramento di posizioni "territoriali" favorevoli. L'esempio di una vita quotidiana pervertita dalle stesse logiche che animano la competizione economica e sociale non potrebbe essere più efficace che nella semplicità di un oggetto come la tavola, forse assieme al letto l'oggetto più intimo e più legato alla vita quotidiana e ai suoi rituali.
Quello che i membri di un gruppo (di amici, di lavoro ecc.) inscenano quando sono chiamati a scegliersi i posti attorno al tavolo di un ristorante, possiede i colori e le sfumature della lotta per la sopravvivenza. A seconda dell'importanza dell'evento, le conseguenze dell'essere sopravvanzati nella scelta dei posti migliori possono estendersi da una serata noiosa alla perdita di un'occasione di carriera.
L'aspetto curioso è che una sorta di pudore legato a doppio filo alla civilizzazione, impedisce di chiedere una cosa così semplice come uno scambio di posto. Ciò che la ragione fa percepire come una richiesta ridicola e triviale riveste invece molta importanza dal punto di vista della natura, che per l'uomo – animale sociale - vuol dire anche “socialità”. La prospettiva di venir percepiti come degli individui infantili ha la meglio sulla prospettiva di rovinarsi la serata sedendo a fianco di persone meno gradite all'interno del gruppo, o in una posizione poco centrale del tavolo, qual è il capo-tavola.
Il capo-tavola rappresenta infatti la posizione più svantaggiosa, perchè permette di poter parlare confortevolmente con solo due persone: quelle che siedono al nostro fianco. Il centro-tavola, al contrario, agevola la conversazione con un minimo di 5 persone: le due a fianco e le tre di fronte. Ciò aumenta le probabilità di trovare persone gradite e di trascorrere una serata lieta.
Proprio qui sta un'ironia della Storia: se il “capo-tavola” era motivo d'orgoglio e marchio di superiorità in un passato più o meno lontano, esso diventa nella nostra società – dove il principio dell'uguaglianza è ormai solo una predica demagogica - per la maggior parte dei casi un handicap.


La Determinante Economica: la Gestione dello Spazio

La questione che ho proposto all'attenzione riveste maggior importanza di quella che si è normalmente disposti a concedere (e ad ammettere). Sicuramente, apre a delle riflessioni su ciò che è diventata la società oggi, dove la divisione, l'antagonismo e la competizione sociale tengono banco anche ai livelli più elementari della vita, eludendo con sistematicità la “controcorrente” che gli si vorrebbe opporre: quella della civiltà e della ragione.
I ristoranti seguono dei criteri logistici che dal loro punto di vista sono perfettamente razionali: come indica la figura qui sotto, dei tavoli di forma quandrangolare permettono una migliore organizzazione dello spazio che non tavoli di forma circolare, che se uniti lascerebbero dello spazio vuoto e inutilizzato al centro. Tavoli quadrati risponderebbero alle stesse esigenze di quelli circolari (equidistanza dei partecipanti), ma con un limite di posti rispetto a quello rettangolare. Non è un caso quindi che la forma di tavolo più diffusa sia quella rettangolare, cioè quella che più di tutte, in ragione della sua lunghezza, accentua la formazione di sottogruppi all'interno del gruppo originario.

Possibilità di disposizione dei tavoli nel ristorante

La Determinante Psico-Sociale nelle Dinamiche di Disintegrazione del Gruppo

Ed è proprio la formazione di sottogruppi – una tipica categoria psico-sociologica – a registrare la dis-integrazione del gruppo originario nelle occasioni conviviali. E', ancora una volta, materia esperenziale comune: nell'impossibilità di conversare con membri dislocati lontani da sé, ci si limita a scambi dialogici con i membri siti a portata di voce, rimanendo il più delle volte completamente all'oscuro di ciò che avviene e di ciò che è discusso negli altri sottogruppi. Nella maggior parte dei casi, questi sottogruppi sono destinati a dissolversi con il concludersi della cena, per riorganizzarsi con diverse configurazioni ad una successiva occasione. Ma può anche capitare che si instauri lo stigma di una sotto-appartenenza (o "appartenenza al sotto-gruppo"), destinata a perpetuare una scissione di fatto dal gruppo originario. Il sottogruppo tenderà a riproporre quella disposizione attorno al tavolo che ne ha occasionato la formazione, e si precluderà un'approfondimento della conoscenza degli altri membri del gruppo originario, sulla scorta di un elemento identitario destinato a prendere sempre più forma.
Il gruppo originario può così continuare ad esistere, ma, data la virtuale incomunicabilità dei propri sottogruppi – che ratifica in forma di struttura l'incomunicabilità sperimentata nelle singole occasioni conviviali - esso si trova ridotto poco più di un vuoto simulacro, a un aggregato di più sotto-gruppi.


Conclusione

L'esempio del tavolo di ristorante è solo un aspetto quotidiano di un fenomeno sociale più ampio. Ma, proprio perchè vicinissimo a noi, è un esempio particolarmente illustrativo dell'interazione fra decisioni economiche e dinamiche proprie della psicologia collettiva e di massa. Come compresero i Situazionisti, sussiste una forza tendente a smembrare la società in un nugolo di sottogruppi autoreferenziali, a partire dalla quotidianità di ognuno di noi. La quotidianità è quindi assieme terreno di comprensione di questa realtà e teatro privilegiato della battaglia contro di essa. La "tavola rotonda" diventa allora il simbolo del recupero di un senso di socialità e di comunitarismo partecipativo volti a superare le tendenze divisive del nostro tempo.

Donna Sorridente